il Parco archeologico del Colosseo punta sulla tecnologia e sull’ampliamento del suo patrimonio
Il Colosseo vince la call MUSEI HIGH TECH
e una nuova opera d’arte entra nelle collezioni del PArCo
In occasione della Giornata Internazionale dei Musei 2021 “Il futuro dei Musei: rigenerarsi e reinventarsi” il Parco
archeologico del Colosseo annuncia la vittoria alla call promossa dal
Coordinamento Regionale Lazio di ICOM Italia in partnership con Sòphia
High Tech, con l’obiettivo di avviare progetti sperimentali per
l’applicazione delle tecnologie dell’Industria 4.0 per la protezione del
Patrimonio Culturale.
Il PArCo ha presentato un progetto centrato sulla grande iscrizione del Prefetto di Roma Rufius Caecina Felix Lampadius,
rinvenuta nel 1812 durante gli scavi dei sotterranei del Colosseo ed
attualmente esposta nel percorso della mostra permanente “Il Colosseo si
racconta”. La lastra, come la si può vedere oggi, riporta un’iscrizione
commemorativa relativa ai restauri effettuati al piano dell’arena, al
podio e alle gradinate, parti che erano state gravemente danneggiate dal
terremoto del 443 d.C. La presenza di fori per perni di fissaggio di
lettere metalliche e alcune parti erase hanno consentito di ritrovare
l’originaria iscrizione che costituisce il principale documento che
menziona la costruzione dell’Anfiteatro Flavio grazie al bottino (ex manubiis) ricavato dalla distruzione di Gerusalemme.
Il
progetto proposto prevede studi e prototipi per la realizzazione di una
stampa in 3D della grande iscrizione con la riproposizione del testo
originale, associando materiali diversi per il supporto e per le lettere
dell’iscrizione. La proposta del PArCo è stata scelta per la complessità del processo di reverse engineering con
scansione laser, simile a quello effettuato per la riproduzione del
David di Michelangelo eseguito per l’Expo di Dubai. La sfida sarà
ottimizzare il processo rendendolo più efficiente in termini di costi e
di tempi.
Ma
non finisce qui. Il Colosseo nella giornata odierna accresce le sue
collezioni con l’acquisizione di una nuova preziosa opera d’arte esposta
per la prima volta lungo il percorso della mostra permanente “Il
Colosseo si racconta”.
Si tratta di una tempera su carta pergamena (cm 14,5 x 47, inv. 20.M324-8.1) opera dell’artista Maria Luigia Raggi raffigurante, sul recto, la “Veduta del Colosseo con l’Arco di Costantino e la Meta Sudans” e, sul verso, il “Paesaggio della campagna romana con scena mitologica”.
L’opera è datata all’ultimo quarto del XVIII secolo, ed è preparatoria ad una particolare tipologia di ventola (o ventaglio), detta del “Grand Tour”, una sorta di souvenir che aveva come acquirente privilegiato il turista nordeuropeo in visita in Italia.
Nel
ventaglio il Colosseo è ripreso dalla via Sacra, nei pressi dell’Arco
di Tito. Alla sua destra sono la Meta Sudans, oggi non più visibile, e
l’Arco di Costantino. Alcune figure animano la scena: in primo
piano è ben visibile un gruppo familiare, a sinistra; il punto di
osservazione è ravvicinato e uno scorcio di paesaggio arcadico
accompagna la composizione che si snoda quindi tra veduta esatta e
veduta ideale.
Sul verso è dipinta un’articolata allegoria mitologica del tempo e dell’alternanza delle stagioni. Questa
è resa visivamente con una netta separazione tra la porzione di destra,
immersa nella luce, dove la dea Flora volteggia circondata da putti
festosi e colorati, e la porzione di sinistra, in ombra, avvolta in una
nube oscura e minacciosa. I protagonisti sono Giano – con i due volti
opposti nell’atto di impugnare le chiavi del tempio alle sue spalle –, e
il Tempo, raffigurato come un vecchio che si copre con un manto di
colore turchese.
Il
dipinto, proveniente dalla Collezione Zito, era parte di un lotto di
opere per le quali erano stati richiesti gli attestati di libera
circolazione. L’Ufficio Esportazione oggetti d’antichità e
d’arte della Soprintendenza speciale archeologia belle arti e paesaggio
di Roma ha disposto l’acquisizione coattiva a favore del Parco
archeologico del Colosseo con la motivazione - prodotta dalla dott.ssa
Ilaria Sgarbozza, funzionario storico dell’arte del Parco archeologico
dell’Appia antica – che riflette l’importanza dell’opera e dei suoi
elementi unici, ovvero: “la rarità della tempera; la rilevanza e
armonia della doppia rappresentazione …; l’appartenenza a un contesto
storico e artistico di primo piano, che collega Genova a Roma e
all’Europa; nonché il riferimento a una delle pochissime artiste attive
in Italia in età moderna …”.
Il ventaglio è infatti opera di Maria Luigia Raggi, l’unica artista donna nota che esplora la tematica del paesaggio nel Settecento, la cui personalità e il cui catalogo di opere sono emersi in tempi recenti grazie agli studi condotti da Antonio Gesino prima e Consuelo Lollobrigida poi. Ed è proprio quest’ ultima a censire l’opera nella monografia dedicata alla pittrice come lavoro autografo.
Da oggi è possibile ammirare il ventaglio di Maria Luigia Raggi lungo il percorso dell’esposizione permanente “Il Colosseo si racconta”, al secondo ordine dell’Anfiteatro Flavio, commenta il Direttore del Parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo - Il ventaglio è collocato all’interno della vetrina che già ospita il modello ligneo del Colosseo, opera di Carlo Lucangeli. La scelta di abbinare le due opere d’arte nasce, oltre che dalla contemporaneità delle stesse, dalla volontà di documentare la fortuna che un’icona come il Colosseo ha avuto ben oltre il suo valore storico, simbolico e archeologico, fino a diventare “souvenir” irrinunciabile per i viaggiatori del Grand Tour. Con l’introduzione di quest’opera di “piccole” dimensioni nel formato, ma “monumentale” nel valore simbolico, rispetto al “gigantismo” del modello del Lucangeli - prosegue il Direttore -, vogliamo anche dare voce alla storia della produzione femminile in ambito artistico, non sempre debitamente tenuta in considerazione nelle collezioni pubbliche.
L’artista,
Maria Luigia Raggi, nasce a Genova nel 1742 da famiglia aristocratica,
figlia del marchese Giovan Antonio Raggi e di Maria Brignole Sale. A
sette anni fa il suo ingresso come educanda nel monastero
dell’Incarnazione, per abbracciare la vita religiosa. Diventata monaca
turchina e stabilitasi nel monastero dell’Ordine della Santissima
Annunziata, si forma artisticamente da autodidatta. Nel 1781 Maria
Luigia Raggi soggiorna a Roma, città che ne influenza la produzione
artistica. Non sono chiari i termini cronologici della sua permanenza,
che comunque non daterebbe con certezza il ventaglio ora esposto
Colosseo: l’opera potrebbe essere stata realizzata in un momento
precedente o successivo, sulla scorta di lavori di altra mano, o di
disegni preparatori e schizzi. Muore comunque nel 1813 a Genova.
Le
oltre 80 opere a lei attribuite, dipinti di paesaggio e capricci, sono
tutte tempere su carta caratterizzate da una tavolozza chiara e lucente,
che dà vita a piccole scenette bucoliche tipiche della cultura tardo
rococò, in cui spesso ritorna come tratto dominante il colore
“turchese”, possibile omaggio proprio all’Ordine di cui era entrata a
far parte nel corso della sua vita.
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